Bianca e Samuele

Mio fratello è un paraculo! Se dovessi descrivere la situazione anatomicamente, direi che io sono il cuore e lui è il cervello.

Bianca ha 22 anni, vive ad Aprilia, a pochi chilometri dalla Capitale, e studia Biologia all’Università Roma Tre. Suo fratello Samuele ha 21 anni, frequenta la facoltà di Ingegneria all’Università Sapienza e ha la Distrofia muscolare di Duchenne: la più grave tra le distrofie muscolari, che colpisce 1 su 5.000 maschi nati vivi e, col tempo, porta alla perdita dell’autonomia. Fin da quando andava a scuola, Bianca ha la passione per la biologia, che è stata sempre tra le sue materie preferite. “Forse questa materia mi affascina perché anche io, come altre sorelle di ragazzi con la Distrofia muscolare di Duchenne, mi interrogo costantemente sulla possibilità di trovare una cura per la malattia”.

Bianca considera la malattia di Samuele come una questione che la riguarda in prima persona. “Non è una cosa di cui ti puoi lavare le mani – dice – ma una faccenda che ti chiama personalmente in causa. È vero che sulla sedia a rotelle non ci sto io – precisa – ma la Distrofia muscolare impatta su tutto il nucleo familiare e non solo sulla persona disabile. Anche se tendo a comportami con mio fratello come se fosse un ragazzo normodotato, io ho delle responsabilità, dei pensieri, delle paure in più rispetto a quelle di una qualsiasi ragazza di 23 anni”. Per Bianca la presenza di Samuele condiziona le sue scelte e il suo modo di essere. “Credo di essere stata sempre molto matura – aggiunge –. Nella vita mi sono trovata dinanzi a problemi e situazioni che richiedevano una maturità maggiore rispetto alle persone della mia stessa età. L’altra faccia della medaglia, però, è che vivi le cose in maniera più pesante e meno spensierata”.

Il periodo più difficile per Bianca è stato quello alle scuole medie. “È stato terrificante. – scandisce – Ero sempre e comunque arrabbiata. È in quel periodo che ho realizzato che nella nostra famiglia c’era un problema effettivo. Il problema si è palesato soprattutto quando mio fratello ha cominciato a usare sempre la carrozzina. Non riuscivo a darmi la risposta alla domanda: perché proprio a lui? Perché proprio a noi? Perché proprio a me?”. Negli anni precedenti Bianca, pur consapevole della presenza della malattia, non ne aveva compreso a pieno la portata. “Quando sei piccola non ti dicono tutto – chiarisce –. Non ti dicono che tuo fratello ha un’aspettativa di vita breve né ti spiegano le complicanze che si presenteranno in futuro. Non ti dicono neppure che tuo fratello a 21 sarà attaccato tutta la notte a un ventilatore. Sai soltanto che ha difficoltà a camminare, che quando giocate devi stare attenta a non spintonarlo e che devi aiutarlo e sostenerlo. Poi, crescendo, inizi a comprendere che le problematiche sono più complesse. Ed è in quel momento che ti chiedi: perché proprio a me?”.

Sono tanti i modi in cui la condizione di un fratello con una malattia grave come la Distrofia muscolare di Duchenne può incidere sulla vita di una sorella e tante le limitazioni che ne possono conseguire. Pensandoci meglio, però, Bianca riflette su come i suoi genitori abbiano cercato in tutti i modi di superare i limiti che la situazione di Samuele sembrava imporre: “I miei hanno sempre fatto tutto – riflette –. Abbiamo fatto certe cose che, se si venissero a sapere, ci potrebbero arrestare – ride –. Una volta io e mia madre ci siamo legate una corda in vita e, in questo modo, abbiamo trascinato mio fratello su per una montagna”. Ma forse è quello delle attenzioni il tasto più dolente: “Hai meno attenzioni rispetto a tuo fratello – puntualizza –. Perché lui ha bisogno di aiuto e di accortezze, mentre tu sei la figlia normale che può cavarsela da sola”. Quando ha preso più pienamente coscienza della situazione, nel periodo delle scuole medie, Bianca ha messo in atto una strategia di difesa: “Sapevo che c’era questa cosa e cercavo di evitarla – spiega –. Uscivo sempre, non mi interessavo delle visite mediche di mio fratello né delle cose che lo riguardavano. Non volevo sapere niente delle sue questioni di salute, per me era mio fratello, punto e basta”.

A cambiare le cose arriva una scoperta che la spiazza. Accade quando Bianca è alle scuole superiori, esattamente nel momento in cui la famiglia torna da una visita medica importante: “Un giorno, tornando a casa, ho scoperto che a mio fratello serviva il ventilatore notturno – ricorda –. Allora ti rendi conto che forse è arrivato il momento di affrontare la situazione, che stai perdendo tempo e che dovresti partecipare di più alle questioni che riguardano la salute di Samuele. È lì che è scattata la presa di coscienza vera e propria e, a partire da quel momento, è cambiato anche il rapporto con mio fratello: tra di noi si è creato un bellissimo legame”. Insomma, è con l’adolescenza che la relazione tra i due fratelli si rafforza. “Prima lui mi odiava – sintetizza –. Io, invece, ho sempre cercato un contatto con lui, anche se a volte ho pensato che fosse il cocco dei miei. Se mi avvicinavo per dargli un bacetto, si arrabbiava, anche perché col tempo poteva reagire sempre di meno: non aveva, cioè, la possibilità di opporsi. Questo un po’ lo mortificava, ma io non lo capivo, perché pensavo che non gli stessi mica facendo del male”.

Bianca si considera una persona dal carattere un po’ “fumantino”, che scatta immediatamente. “Nel periodo tra le scuole medie e le scuole superiori mi facevo terra bruciata intorno – racconta –. Riuscivo a mantenere i rapporti solo con quelle persone che conoscevo bene e che riuscivano a guardare oltre rispetto al fatto che mi arrabbiassi così tanto per la minima cosa”. Pur non avendo fatto un vero e proprio percorso psicoterapeutico, la ragazza ha seguito gli incontri con gli psicologi dell’associazione Parent Project. Ed è forse anche grazie a questi incontri che ha imparato a guardare sé stessa dall’esterno. “Cerco sempre di analizzare i comportamenti che ho avuto in passato, non solo per capire a cosa erano dovuti, ma anche per comprendere come cambiare in meglio”.

Ma che tipo è Samuele? “Mio fratello è un paraculo! – esclama –. Se dovessi descrivere la situazione anatomicamente, direi che io sono il cuore e lui è il cervello. A casa richiedono il suo parere per qualsiasi cosa, mentre io sono sempre stata l’altra”. Samuele è sempre stato studioso, con ottimi voti a scuola. “Lui è un tipo razionale e pragmatico – prosegue –. Ha una visione chiara su tutto. I miei non gli hanno mai nascosto nulla e lui ha sempre assistito a tutte le visite, fin da quando era piccolo”. Per Bianca, Samuele è pure “molto pignolo, preciso e rompiscatole”. Anzi, “se ti chiede di fare una cosa e non la fai come dice lui, ti tartassa fino allo sfinimento”. Ma Samuele ha anche una sensibilità molto spiccata, che però non mostra, tendendo a nascondere questo lato di sé. “È un tipo ironico, che tende a sdrammatizzare. A volte è lui che sostiene tutti noi. Per esempio quando una visita medica non va proprio come speravamo, è lui che ci spinge ad andare avanti”.

Tra loro, Bianca e Samuele parlano anche di cose personali. “Da oltre un anno lui sta con una ragazza – spiega sua sorella –. Ma anche prima mi raccontava delle sue emozioni e delle persone che gli piacevano. Sono strafelice che stia con qualcuno: so bene che alcune cose non potrà mai provarle, ma sono contenta che l’amore non sia una di queste”. In precedenza i due fratelli parlavano anche della malattia, ma nell’ultimo periodo Bianca tende ad evitare l’argomento: “Ultimamente gli hanno detto che dovrebbe fare un intervento chirurgico e io non l’ho presa molto bene – afferma –. Sto reagendo male, mi sto isolando tantissimo, evito di stare a casa e sto tutto il giorno fuori”.

Se le chiedi dei loro genitori, Bianca risponde che “come tutti i genitori tendono a proteggere il loro piccolino”, senza curarsi che ormai ha 21 anni e andrebbe trattato come un ragazzo della sua età. “Spesso ho avuto dei contrasti con i miei perché, nonostante le difficoltà, ho sempre cercato di trattare Samuele come un fratello normale. Non è che mi tappassi gli occhi – insiste Bianca – ma ho sempre pensato che ci fossero cose che, come potevo farle io, poteva farle anche lui. I miei, invece, lo hanno sempre trattato come se stesse sotto una campana di vetro. Sono stati sempre molto apprensivi, soprattutto mio padre. Per esempio, mi sono più volte arrabbiata del fatto che lo venissero a prendere davanti alla scuola con la macchina, mentre potevamo percorrere insieme il percorso fino alla fine della strada. Abbiamo litigato molto su questa cosa perché, secondo me, in questo modo lo rendevano meno autonomo”.

Da parte sua, Samuele a volte sembra felice di “vivere nella bambagia”, sfruttando i vantaggi che questa situazione comporta. “Ma spesso, se esce la sera, preferisce farsi accompagnare dall’assistente anziché dai miei, per essere più indipendente”. Nonostante alcune discordanze d’opinione, Bianca apprezza però l’atteggiamento dei suoi genitori. “Penso che i miei siano fighissimi per il modo in cui hanno saputo reagire alla situazione – assicura –. Fanno di tutto per non privare mio fratello delle esperienze che ogni ragazzo dovrebbe fare. Sono sempre andati in vacanza in campeggio e ci hanno trasmesso questa passione. Da piccoli andavamo con la tenda, poi abbiamo comprato la roulotte. E, nonostante sia faticosissimo, non si sono ancora arresi. Qualche anno fa mio padre aveva deciso di vendere la roulotte, ma poiché a mio fratello piaceva molto questo tipo di vacanza hanno deciso di attrezzarsi al meglio per continuare l’esperienza. Insomma, grazie al loro impegno, Samuele ha occasioni che la maggior parte dei ragazzi con la sua stessa problematica non vive”.

Essere sorella di Samuele presenta per Bianca tante luci e altrettante ombre. È cresciuta prima degli altri, ma con tante ansie e pensieri legati alla situazione di suo fratello. Esistono anche delle limitazioni concrete: “Nonostante i miei non mi abbiano mai chiesto né fatto pesare nulla, mi sento vincolata nelle scelte – dice –. Per esempio, mi piacerebbe proseguire gli studi fuori, ma non so ancora se lo farò”. Nello stesso tempo la presenza di Samuele ha aiutato Bianca a diventare più attenta ai bisogni delle persone e, forse, anche più empatica e sensibile agli stati d’animo degli altri. È vero, a volte prova rabbia, ma anche questa, forse, è una forma di reazione all’irruenza delle emozioni.