Loredana e Luisella

Sono Loredana, ho 62 anni, sono nata e cresciuta a Milano, ma oggi abito in un piccolo paese in provincia di Pavia con la mia famiglia: marito e due figli.

Ho lavorato come project manager nel settore ricerca e sviluppo di una società di engineering. Sono sibling dall’età di 5 anni, quando è nata Luisella una bellissima bambina con 2 occhioni azzurri emolto vispa e allegra, i    primi sospetti che qualcosa non andava sono iniziati dopo l’anno di età, stava in piedi ma noncamminava e non parlava, da lì è iniziato il calvario, nessuno capiva cosa avesse, tanti e diversi i ricoveri.

Una sera aspettavo il mio papà in macchina, avevo circa 7 anni, quando entrò chinò la testa e scoppiò in lacrime, la mia sorellina non avrebbe mai camminato e parlato, credo che non dimenticherò mai quel momento. La diagnosi non era esatta, allora non c’era la possibilità di analisi   genetiche e la diagnosi arrivò ben 40 anni dopo, Sindrome di Angelman. Una malattia genetica rara che colpisce una persona ogni 10-20mila individui, comporta grave ritardocognitivo, compromissione del linguaggio, solo poche parole circa 4 o 5, iperattività motoria, disturbi del sonno, epilessia spesso farmaco-resistente e un temperamento felice. Questa disabilità grave ha comportato uno tsunami su tuttii componenti della famiglia, per me come bimba ero disorientata, con la mia sorellina non potevo giocare come facevano i miei coetanei con i loro fratelli/sorelle, parte un forte senso di protezione nei suoi confronti e un altissimo senso di responsabilità, si cresce veloci come la luce.

Una diagnosi arrivata così tardi ha compromesso molto a Luisella la possibilità di un recupero grazie a una riabilitazione mirata, specialmente in ambito del linguaggio, oggi lei si fa capire a modo suo, l’utilizzo della Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) sarebbe stata di enorme aiuto anche per lo sviluppo cognitivo. Il tempopassa, arrivo agli anni dell’adolescenza e alla consapevolezza che per Luisella tutto sarà più complicato. A Luisella nonsono permesse feste con gli amici, le prime uscite serali e in futuro avere una sua casa e magari farsi    una famiglia. Questo erano i miei pensieri, tanti i sensi di colpa, io sì lei no, io posso lei no.

Poi i genitori, devi pensare anche a loro, non puoi permetterti di dare pensieri, devi sempre stare bene e aiutare.Son stata tanto vicina a mia mamma, ho vissuto le sue preoccupazioni, l’ansia, i momenti di sconforto, le fatiche. C’era un forte legame e poche parole. Dico c’era perché, la mamma dopo 14 anni di Alzheimer è mancata. I siblings diventano caregiver dei fratelli/sorelle ma diventano spesso caregiver anche dei genitori.

La mia vita da sibling è stata condizionata dalla disabilità: le scelte di studio, di lavoro, il crearmi una famiglia.Gli impegni sono tanti, nell’ambito del lavoro difficile una carriera, tanti gli impegni famigliari, arrivi a dei compromessi. Poi il passaggio del testimone, devi andare avanti tu, lasci il lavoro e lì un’altra rivoluzione, se poi hai una famiglia, tutta la tua famiglia viene coinvolta, una scelta difficile, implica cambiamenti importanti, i tuoi figli diventano “siblings” della zia, cambia con tuo marito, si aggiunge alla famiglia una persona che richiede molte  attenzioni, tu diventi da sorella a mamma, perché anche se da siblings sei comunque coinvolta dai genitori sulle decisioni che riguardano tua sorella non è come essere la sola a dover decidere, diventi in tutto per tutto responsabile di lei, devi continuare a lottare per lei. Un passaggio che dal punto di vista emotivo è forte: ansia, gioie, paure.

Sono fortunata, ho una famiglia che mi sostiene e mi è vicina anche quando combatto per Luisella. Combatto ogni giorno per i suoi diritti e per quel che era per me un sogno nel cassetto e che ora ritengo che possa diventare realtà: Luisella deve poter vivere in casa sua e con chi desidera, la casa di Luisella dev’essere un luogo di incontro con gli amici per una cioccolata, una pizzata, una festa e “perché no” chi vuole può fermarsi a dormire. Sono sempre più convinta che le mie paure “io posso lei no” si possono superare, basta avere gli strumenti giusti, l’assistenza giusta, la vita in autonomia è raggiungibile, fa parte di un percorso di crescita, e poi da cosa nasce cosa, anche lei si innamora, anche lei sceglie le sue amicizie, ha le sue preferenze, anche lei ha il diritto a una casa e a stare con le persone a cui vuole bene e con le quali ha trascorso tanto tempo insieme. Questo per Luisella è un progetto di vita ambizioso ma si puòfare, si deve fare!

Gli ostacoli sono tanti, specialmente perché ancora oggi tanti vogliono decidere sulla vita della persona con disabilità, senza conoscerla veramente, senza aver vissuto con lei e mettendo dei limiti quando nessuno può sapere quali sono i suoi verilimiti, e poi mi chiedo i limiti sono suoi o sono i nostri limiti. Per i bimbi di oggi tutto sarà più facile se ci si impegna apermettere loro di crescere, il loro percorso di crescita deve partire sin da piccoli devono avere le stesse opportunità dei loro coetanei: scuola, gite, feste. Devono potersi sperimentare, confrontarsi, relazionare con gli altri senza distinzione “disabili” e “normodotati” (che brutte definizioni) si deve parlare solo di persone. Il percorso per loro deve poi continuare fino ad essere pronti a una vita in autonomia. Questo è l’augurio che faccio a tutti bimbi. Per me e Luisella continuano le battaglie di ogni giorno, la mia grande paura è non fare in tempo a realizzare il mio sogno per lei, la casa dove lei possa vivere serena e con l’assistenza adeguata e magari con qualche amico quando io non avrò più le forze per occuparmi completamente di lei.