Lara, sorella di Fabio

Lara fa l’attrice di teatro e di strada, vive a Roma, ha 39 anni e un compagno. Del suo nucleo familiare d’origine, un tempo numeroso, oggi è rimasto solo Fabio. Loro due insieme sono una famiglia e, anche se non vivono insieme, nessuno li può separare. Oggi Fabio ha 54 anni, ma da quando era ragazzo vive in uno dei centri di riabilitazione romani del Don Guanella, una struttura sull’Aurelia Antica che da quasi cento anni ospita persone con disabilità intellettiva. Da bambino, all’età di 8 anni, ha contratto la poliomielite, che gli ha paralizzato la parte destra del corpo, compromettendo anche l’emisfero cerebrale. Ma rimane un tipo “sempre presente a se stesso, in gamba e testardo. E con l’età la cosa non accenna a migliorare”, sorride Lara che di questo fratello e della sua spiazzante energia non sa fare a meno. Perché la fa ridere e arrabbiare, commuovere e sorridere.

“Al Don Guanella si trova molto bene: l’ambiente è familiare, gli operatori sono bravi e i ragazzi che vivono lì sono spettacolari”

“Quando eravamo piccoli trascorrevamo lunghi pomeriggi giocando a carte”, racconta Lara. “È il primo ricordo che ho di me e lui insieme. Passavamo le ore a giocare a scopa, a briscola o a qualunque altro gioco potesse venirci in mente. Oppure passavamo il tempo a mangiare. All’epoca Fabio era un ragazzo di 110 chili, goloso in maniera indecorosa. Quando tornava nella nostra casa di Ostia per le vacanze, io e lui ci allontanavamo piano piano per andare a fare una passeggiata e poi ci dirigevamo dritti in gelateria. Cercavamo di non farci vedere da papà, che non voleva che mangiasse così tanto. Io ero sempre sua complice, nell’aiutarlo a fare le cose che voleva. D’altra parte, trasgredire piaceva anche a me”.

All’epoca Fabio trascorreva a casa alcuni periodi di vacanza, ma adesso che della famiglia d’origine è rimasta solo Lara e le sue condizioni si sono aggravate, le cose sono un po’ cambiate: “Ora ha bisogno di molta assistenza e io da sola non ce la faccio”, sottolinea sua sorella. “Ho trovato il modo di rimediare andandolo a trovare più spesso. Al Don Guanella si trova molto bene e anche a me piace andarci: l’ambiente è familiare, gli operatori sono bravi e i ragazzi che vivono lì sono spettacolari. Quando vado a fargli visita, spesso giochiamo a scacchi”, prosegue Lara. Ma non si tratta di una partita canonica. Le regole del gioco sono altre: elastiche, bizzarre, imprevedibili. “Abbiamo una visione “onirica” degli scacchi”, scherza Lara. “Le nostre partire non hanno regole o forse hanno altri tipi di regole: ogni mossa ha un suo perché e quel perché va esplicitato a parole. A volte la regina può muoversi solo in un senso perché non vuole guardare il cavallo, altre volte il pedone può tornare indietro sulla scacchiera perché ha dimenticato qualcosa di importante nella casella precedente. Tutto procede secondo una ragione, chiara soltanto a noi due”.

“Poi papà ci ha lasciato e io sono rimasta sola con Fabio:
ci sono solo io, io e sempre io. Mi sono dovuta assumere  la responsabilità di prendere decisioni difficili”

Se le chiedi come è Fabio, Lara risponde spedita: “È un pazzo totale” ride. “Una persona dolcissima con un caratteraccio. È caparbio, sincero, un “impunito”. Ci capiamo al volo, senza bisogno di parole, per me comunicare con lui è la cosa più facile del mondo. Fabio è la mia famiglia, il compagno della mia infanzia e della mia età adulta. C’è da sempre nella mia vita, da quando ero piccola”. Col tempo il rapporto tra i due fratelli è cambiato. Soprattutto dopo la scomparsa del padre 5 anni fa, Lara è rimasta l’unica a prendersi cura di Fabio. “Mi occupo di lui da quando avevo 15 anni, anche quando era ancora vivo papà. Poi papà ci ha lasciato e io sono rimasta sola con Fabio: ci sono solo io, io e sempre io. Mi sono dovuta assumere da sola la responsabilità di decisioni difficili, e non è facile. Il mio compagno a volte mi dà una mano, perché gli fa piacere e poi se ami me, devi per forza amare anche Fabio”. Col tempo però Lara è stata costretta ad assumere un atteggiamento di natura quasi genitoriale nei confronti del fratello maggiore. “A volte ho dovuto perfino rimproverarlo”, spiega. “Per esempio, una delle ultime volte che è stato ricoverato si rifiutava di fare un esame importante. Fabio non è interdetto, io mi sono sempre rifiutata di fare questo passaggio, perciò può fare quello che vuole lui. Così quella volta sono stata costretta ad andare da lui a brutto muso. Ma non c’è stato nulla da fare lo stesso, quando si mette una cosa in testa, quella è. Allo stesso modo, quando è nella giornata storta, diventa un problema. Succede raramente, ma se succede sono guai. Non lo convince nessuno, puoi anche strapparti i capelli dalla testa, ma continua a fare come dice lui. E può accadere anche per le piccole cose, tipo voler indossare a tutti i costi il cappello di un altro ospite del Don Guanella, il quale magari ha a sua volta qualcosa in contrario. E allora sono guerre e faide. Per fortuna ho un grande senso dell’umorismo, è quello che mi salva”.

“Mentre i miei coetanei si preoccupavano di cosa fare il sabato, io dovevo passare dal dottore a prendere l’impegnativa per le scarpe di Fabio”

Sono stata anche io una giovane caregiver” ammette Lara. “Mia madre mi ha lasciato quando avevo 2 anni e si può dire che, nella cura di mio fratello, sia stata più io accanto a mio padre che lui accanto a me. È da quando avevo 15 anni che mi occupo di tutto, dalla casa alle esigenze di Fabio. All’inizio ho vissuto tutto con un senso di claustrofobia, poi ho imparato a gestire la situazione e la rabbia, e le cose non vanno più male come prima. Però mentre i miei coetanei si preoccupavano di cosa fare il sabato e la domenica, io avevo le camicie da stirare o dovevo passare dal dottore a prendere l’impegnativa per le scarpe di Fabio. Insomma, la parte più bella della crescita l’ho vissuta dopo, forse la sto vivendo ora”. Eppure suo fratello non ha mai rappresentato un problema per Lara: “La sua presenza nella mia vita mi ha dato la possibilità di conoscere tante bellissime persone”, prosegue, “e di riuscire trovare una bellezza e una naturalità nella sofferenza. È Fabio che me l’ha insegnato: l’ho visto ridere mentre stava male, per esempio, o mentre riceveva notizie dure, come la morte di amici del centro o di papà, come se lo sapesse da sempre che quel momento sarebbe arrivato: la sua mente non saprà fare estrosi calcoli matematici ma è molto più aperta della media. A volte, però, il suo stare male mi faceva paura: soprattutto le crisi epilettiche che aveva da ragazzo. Da piccola mi spaventavo, era l’unica cosa di Fabio che mi metteva a disagio, perché non riuscivo a capire. Nessuno mi ha spiegato cosa stava accadendo, fino a che, a poco a poco, ho introiettato la cosa e ho smesso di avere paura”.

“Esiste sempre un modo per comunicare con un essere vivente.
L’unico ostacolo alla comunicazione è la morte”

“Al momento sto scrivendo un testo teatrale che parla del rapporto tra due sorelle”, conclude Lara. “Una delle due è disabile, l’altra normodotata. Non si evince nessuna differenza tra le due e, solo alla fine, si capisce che una di loro è sulla sedia a rotelle. Mi interessa esplorare le possibilità di comunicazione diversa che la disabilità ti offre e non vederla o percepirla come un ostacolo o con “pietismo”, cosa molto difficile quando non hai “il mostro” in casa. Esiste sempre un modo per comunicare con un essere vivente, l’amore. L’unico ostacolo a una comunicazione sincera è la morte”.

 

Intervista a cura di Antonella Patete